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Dopo le prime settimane nelle quali abbiamo creato solide basi di Revit, è arrivato il momento di affrontare i flussi disciplinari.
È arrivato il momento dell’architettura. Anzi, è arrivato il momento della MARChitettura. Il momento m – ARC – o.
L’architettura di Marco Bonazza, quella vera, quella pratica, quella di esecutivi e costruttivi.
Marco è architetto sia per professione, sia per passione, ed è uno degli istruttori storici di Volcano High e del MasterKeen. Uno dei pilastri fondamentali.

Il suo modulo sul workflow architettonico serve non solo a mettere a regime tutte le competenze delle settimane precedenti, ma soprattutto a rimetterle nell’ordine logico e sequenziale corretto per realizzare in Revit un progetto architettonico. Dalle fasi al rilievo, dagli elementi architettonici ai particolari costruttivi.

Lo scopo di questo modulo non è fare progetti fac-simile di grandi strutture già realizzate (arriverà anche quello), ma riportare tutti con i piedi per terra: in Revit si progetta tanto meglio quanto più si sa come gli elementi vengono costruiti davvero. Revit si impara con la mentalità del costruttivo.

E Marco è sempre stato l’istruttore che ha guidato i ragazzi nel ragionare con la mentalità progettuale prima ancora di quella informatica: è, innanzitutto, un progettista con pari esperienza di cantiere.

Chiediti cosa vuoi ottenere
Una frase semplice ma estremamente efficace, un life motive che Marco ha sempre instradato in ogni studente passato di qui. E ognuno lo ha sempre interiorizzato e portato dietro per tutto il MasterKeen perché – a un certo punto – diventerà la base su cui costruiremo molto altro, dagli script di Dynamo fino ai BIM Pourpose e gli usi del modello.

Il modulo sul workflow architettonico pratico, vero, è uno dei momenti più importanti del MasterKeen, perché gli studenti capiscono che essere bravi con Revit significa – prima di arrivare a fare i fuochi con grandi torri, facciate continue e sovrastrutture – riuscire a progettare un modello che possa essere realizzato nella realtà.
Un modello progettuale.

Gli studenti hanno realizzato un primo progetto affrontando tutto il flusso di lavoro. Fasi, rilievo, realizzazione, nuove costruzioni, elementi architettonici, famiglie personalizzate e parametrizzate, arredi, primi accenni di impianti. Primi accenni che servono non tanto ad anticipare il modulo MEP, ma a comprendere che quando si progettta l’architettura, è necessario tener presente – anche solo a livelli di ingombri – le altre discipline. Questo si trasformerà con il passare delle settimane in metodo interdisciplinare BIM.

La settimana non è stata semplice, perché l’attenzione ai dettagli ha iniziato a far parte dell’apprendimento, anche solo la realizzazione di nodi costruttivi per evitare ponti termici ha costretto tutti a far tornare conti che a parole sembrano semplici, ma nella  pratica poi non lo sono.

Ma non è un problema, perché siamo qui per imparare e per perfezionarci. L’unica cosa da tener presente è di non dimenticarsi mai di chiedersi quale risultato dobbiamo ottenere.
In altre parole, iniziamo a stringere i rapporti con gli obiettivi.
Perché nel BIM saranno il punto di partenza di tutto il resto.

Poi capita che dopo giornate intense che richiedono applicazione e ragionamento, in cui pensi di aver chiesto agli studenti di impegnarsi al massimo, loro ti facciano capire che hanno ancora tanto da dare, che hanno insospettabili energie nascoste per il weekend da far convergere in idee di assoluta genialità.